17
marzo 2000
- Cafè Letterario -
Intervista a Andrea Pinketts
Fonte:
http://www.cafeletterario.it/interviste/pinketts.html
Simpatico, disponibile, brillante, Andrea Pinketts è uno degli scrittori più noti e amati dell'ultimo decennio. E anche tra i più originali, sempre alla ricerca di spunti inusuali per le trame dei suoi gialli (con il detective "per forza" Lazzaro Santandrea) e dei racconti. Nell'intervista emerge la sua vena corrosiva e sarcastica, ma anche la grande attenzione che rivolge ai suoi lettori.
-
Ho visto che è in uscita un tuo nuovo libro. Ci puoi raccontare qualcosa
in anteprima?
"Uscirà il 18 aprile e si intitolerà Il dente del pregiudizio:
sono racconti che ho scritto per il mio dentista e ripercorrono una strada che
avevo già per certi versi sperimentato. Nel 1996 era uscito un libro
che si chiamava Io, non io, neanche lui e aveva l'ambizione di essere un "romanzo
di racconti" correlati attraverso una storia portante, basata sulla psicoanalisi.
Avevo scritto quei racconti per la mia analista; ora ho deciso di trasferire
il discorso in campo dentistico. Dato che esistono un sacco di professioni penso
che avrò una vena inesauribile: la prossima volta il protagonista potrà
essere un salumiere. L'ambientazione de Il dente del pregiudizio comunque è
quella della sala d'aspetto del dentista, in cui il tempo passa e cambiano sia
il protagonista che il dentista, cambiano le stagioni, cambiano gli umori, cambiano
gli amori... Nel frattempo si intrecciano le storie deliranti che vengono in
mente quando hai il faretto puntato sulla faccia."
- Sei molto partecipe della vita letteraria della tua città, ma non solo.
Trovi importante il rapporto diretto con il lettore?
"Sono assolutamente convinto di quello che diceva di se stesso George Bernard
Shaw: Io sono un predicatore travestito da saltimbanco. E credo nella necessità
di avere un rapporto diretto con i lettori che in parte vanno coccolati, in
parte addirittura educati, anche se sembra presuntuoso perché in realtà
poi sono loro che riescono a educare e coccolare te."
- Questo rapporto diretto ti ha portato anche a scrivere in maniera diversa
o non ha influito sul tuo lavoro?
"Credo che sia indipendente, però mi ha portato a fare alcune follie.
Come quella che ho fatto nell'ultimo libro, L'assenza dell'assenzio: ho messo
il mio vero numero di cellulare e sono stato tempestato di telefonate di lettori
coraggiosi, di lettori che osavano (perché alcuni potevano pensare che
fosse un numero falso...). Il mio lettore preferito, il lettore coraggioso,
era quello che provava il numero. Così ho avuto modo di "tastare
e testare" lettori dalla Sardegna a Udine e mi sono reso conto che esiste
un discorso comune, perché anche se le mie storie sono ambientate a Milano,
parlano in genere di drop-out, di ragazzi border-line, ai margini, in cui c'è
l'orrore, il giallo, il mistero, ma c'è anche il divertimento e soprattutto
c'è questa sorta di pink-generation."
- Piaci molto ai giovani e ai giovanissimi.
"Perché credo che le tematiche del mistero siano assolutamente riconducibili
al grande mistero della vita e della morte. Io scrivo di vite molto movimentate
con lo spettro della morte, che non è necessariamente quella legata al
delitto, ma è anche la morte sociale, la morte civile, la noia, il vero
serial killer è il vuoto."
- Che rapporto hai con Internet?
"Non ho il computer, ma mi interessa moltissimo."
- In Internet, tra l'altro, c'è una grande piazza di lettori.
"Infatti. C'è un mio amico, Davide, detto "il fan", perché
è un lettore davvero "fissato", che sta creando il mio sito
su Internet. Davide è un esempio di lettore appassionato: è venuto
a recuperarmi cinque anni fa (adesso è diventato un mio caro amico) perché
aveva letto un mio libro e, volendo parlare con me, ha girato tutti i possibili
luoghi in cui avrei potuto abitare, secondo le indicazioni che avevo dato nel
testo, finché, dopo un mese di ricerche, una mattina mi ha citofonato."
- E lì avrai un dialogo aperto con i lettori?
"Sì, tramite lui, comunque, perché io non possedendo computer..."
- Dunque scrivi ancora a mano?
"Certo, con belle penne in locali fumosi. Anche perché purtroppo
anche se dovessi scrivere al computer, essendo molto distratto (perdo borse,
dimentico oggetti, sono quasi la caricatura dell'idea dello scrittore maledetto)
sono sicuro che perderei anche il portatile. Già perdo le Mont Blanc,
che costano anche loro non poco... Allora preferisco scrivere a mano e farmi
digitare poi tutto sul computer. Non ho nulla contro il computer però
non lo so usare. È una scelta anche questa."
- Quali sono i tuoi scrittori preferiti? Cosa leggi?
"Sono assolutamente onnivoro. Leggo da Shakespeare a Tex Willer, non mi
piace la letteratura italiana intimista, togata. So che mi creerò dei
nemici ma non ho mai amato Moravia, mi lascia "indifferente". Tra
l'altro come critico ha preso anche notevoli cantonate. Ha detto che James Bond
non avrebbe mai avuto successo e che Hemingway non era poi questo grande scrittore,
mentre io credo che Hemingway abbia insegnato non solo a una generazione di
scrittori a scrivere libri, ma che abbia anche cambiato la storia del giornalismo,
cosa che Moravia non ha fatto nonostante i suoi reportage africani."
Intervista a cura di Giulia Mozzato